Onorevoli Colleghi! - Lo «statuto dei diritti del contribuente» costituisce uno strumento importante per la difesa del cittadino-contribuente nel rapporto con lo Stato-fisco. Con l'approvazione della legge 27 luglio 2000, n. 212, infatti, è stato finalmente emanato lo statuto che costituisce una sorta di magna charta dei diritti che i privati cittadini vantano nei confronti dell'Amministrazione finanziaria in quanto contribuenti e nel rispetto dei quali devono essere improntati i rapporti con il fisco. Si tratta di un provvedimento che, entrato in vigore il 1o agosto 2000 e atteso da lungo tempo, avrebbe dovuto soddisfare una fondamentale esigenza di civiltà e di rispetto reciproco nei rapporti tra fisco e cittadino-contribuente, ma che per diverse ragioni si è tradotto, almeno per il momento, in un nulla di fatto.
      La dimostrazione di alcune lacune della citata legge è evidente nell'articolo 6, comma 1, che dispone: «L'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati» e al contempo: «Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari». L'intento della norma è quello evidente di riconoscere al cittadino-contribuente il diritto di poter conoscere gli atti che lo riguardano e le conseguenze che ne possono derivare. Soltanto con la materiale ricezione di un atto il cittadino-contribuente può esercitare il proprio diritto alla difesa, sancito dall'articolo 24 della Costituzione. La norma, però, anche per esigenze di certezza del diritto, evita il conflitto con le norme che disciplinano la notificazione degli atti, che nello specifico

 

Pag. 2

sono gli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile e l'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
      Conseguentemente, per quanto sia stato importante approvare la legge sullo «statuto dei diritti del contribuente», essa deve però considerarsi «monca». Esistono infatti casi specifici in cui il cittadino-contribuente ha modificato la sua abitazione o comunque i suoi recapiti, esattamente nello stesso arco temporale in cui l'Amministrazione finanziaria gli sta notificando un atto. In ipotesi del genere, quantunque i casi debbano essere analizzati singolarmente, il cittadino contribuente deve avere la possibilità di essere rimesso in termini, ovvero di poter nuovamente disporre dei sessanta giorni di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992 per proporre ricorso giurisdizionale.
      Con la presente proposta di legge, che modifica l'articolo 9 della legge n. 212 del 2000, si prevede un'istanza a seguito della quale l'Amministrazione finanziaria ha facoltà di emettere un provvedimento che rimetta in termini il cittadino-contribuente in ambito processual-civilistico, fermo restando che non vi è obbligo di risposta e che l'eventuale silenzio-rifiuto non rientra nei casi di impugnabilità previsti dall'articolo 19, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 546 del 1992.
 

Pag. 3